L’ansia sociale, come dice il nome, è un disturbo secondo cui il soggetto entra in ansia in situazioni sociali nelle quali avverte il rischio di essere osservato, disapprovato, valutato, rifiutato e simili. La reazione d’ansia appare sproporzionata secondo la cultura corrente e causa non pochi disagi all’interessato che evita le situazioni temute o vi si rapporta in modo inadeguato con prestazioni scadenti e rapporti interpersonali in cui si è spesso incapaci di far valere le proprie qualità o i propri diritti. Le ricadute personali, lavorative, relazionali e anche di salute fisica dell’ansia sociale, considerata l’inevitabile interconnessione tra salute mentale, sociale e fisica, possono essere perciò particolarmente rilevanti.
Tra i vari disturbi d’ansia è sicuramente il più lungo da trattare perché solitamente ha radici che affondano nell’infanzia e quindi spesso il terapeuta deve confrontarsi con fenomeni di “imprinting” che è un apprendimento particolarmente tenace che si struttura nell’uomo presumibilmente anche fino ai 5 anni di età. Il disturbo può comunque essere condizionato anche da esperienze successive, come ad esempio di bullismo in età adolescenziale. Tali esperienze pregresse rimandano a vissuti di inadeguatezza, di ipercritica da parte di altri, di emarginazione e simili, per cui si strutturano nella personalità schemi di risposta emotiva e comportamentale che minimizzino il rischio di essere nuovamente valutati, disapprovati ecc..
Con la crescita e l’acquisizione dell’autonomia e della razionalità tipica di un individuo adulto le manifestazioni dell’ansia sociale dovrebbero diminuire, ma bisogna tener conto di eventuali condizionamenti sociali e familiari o delle opportunità offerte dalla società e colte dall’individuo di sviluppare nuovi apprendimenti e capacità, o di schemi relazionali, in genere familiari, rimasti più o meno immodificati.
Con queste premesse, è ovvio che l’esposizione graduale alle situazioni sociali temute, con il supporto psicologico specifico per ogni situazione, è un passo obbligato della psicoterapia, anche perché “si impara facendo”. Questa è la linea-guida soprattutto dell’orientamento cognitivo comportamentale, ma è altrettanto importante modificare o migliorare schemi relazionali distorti con figure di riferimento che hanno avuto un ruolo nella strutturazione del disturbo e ciò può essere ottimamente conseguito con l’ approccio più “relazionale” della Terapia della Gestalt. L’indirizzo strategicobreve-gestaltico si rivela pertanto particolarmente indicato, considerato che la Terapia Breve Strategica può essere a mio avviso considerata un’evoluzione dell’indirizzo cognitivo-comportamentale con un’attenzione privilegiata ad obiettivi di velocità, flessibilità ed efficienza.
Da ultima, ma non ultima, una mia considerazione sull’importanza della “manifestazione di sé” (con pregi e difetti) nei confronti degli altri, manifestazione che, per quanto detto sopra, risulta probabilmente essere la “chiave” teorica principale per uscire dall’ansia sociale. La paura infatti di essere giudicati, valutati rifiutati ecc. porta ad alterare o peggio ad inibire la manifestazione spontanea della propria personalità e ciò peggiora il problema perché gli altri, non conoscendola, continueranno a fare valutazioni errate e spesso negative su di essa, mettendo a rischio l’integrazione sociale dell’individuo. Buona vita!
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